Quattro punti in quattro partite: sono le lunghezze che ci serve accumulare per avere la certezza di un tricolore che stiamo inseguendo da tanto, troppo tempo. Una stagione di speranze, patimenti, gioie: una stagione di grande, grande continuità. Perché, a sentire qualcuno che nel sabato prepasquale è riuscito a dire “Questo campionato ha un’alternanza incredibile” (si legga alla voce Nascimento de Araujo, ndr), non può che nascere, spontanea, una fragorosa risata. Ventidue vittorie in trentaquattro partite di Serie A, sei punti contro l’Inter, sei punti contro il Napoli, miglior attacco con i nerazzurri, miglior difesa di gran lunga: i numeri, i cari vecchi numeri parlano più che chiaro.
E la vittoria di Brescia, oltre a rivestire un’importanza clamorosa, è la sintesi del credo di Massimiliano Allegri: un uomo venuto da Livorno che ha avuto il coraggio di cambiare idea, dotando il Milan di tanta determinazione e di tanta massa, a danno, a volte, di un po’ di pleonastica tecnica. Difesa a dir poco granitica, dettata anche da un centrocampo in grado di reggere sempre e comunque: un centrocampo in grado di “far filtro”, come si suol dire, in entrambe le direzioni. Già detto più e più volte della grande intuizione di Van Bommel, finora non c’è stato nemmeno modo di aggrapparsi ai pur numerosi infortuni. Perché quando il gruppo c’è ed è guidato magistralmente, non serve nemmeno cercare appigli. Proprio perché non servono.
E quando si vincono gare senza Ibrahimovic, l’elemento sine qua non, e quando vinci gare senza Ibra e Pato, i gioielli più preziosi della parure, e quando vinci gare senza Ibra, Pato e Nesta, beh, forse, è ora di pensare agli elementi che si guadagnano il pane domenica dopo domenica, magari da gregari, magari da “bolliti”. Ed ecco il grande Mario Yepes, il ritrovato Clarence Seedorf, il “cacciatore del sole” Christian Abbiati, tanto criticabile nei soliti rinvii coi piedi, quanto irresistibile nelle paratone-scudetto. Tanti tasselli che creano, o meglio, che sembrano destinati a creare un mosaico tra i più variopinti, tra i più sentiti della storia rossonera. Tanti strumenti, anche diversi tra loro, diretti da un sapiente direttore d’orchestra. Insomma, le metafore si sprecherebbero: da tifosi veri, sanguigni e innamorati quali siamo, ci accontentiamo di vivere una grande Pasqua, consci che il 1° maggio, è inutile nasconderlo, potrebbe essere la nostra prima, dolce data “X”. C’mon, Milan!