Roberto Mancini è stato uno dei più grandi giocatori della storia del calcio italiano. Talento precoce e abbacinante, dopo i primi due anni bolognesi diventa la bandiera e il leader assoluto della Genova blucerchiata e scudettata, per la prima e unica volta, nel 1991.
Il tramonto della carriera vissuto alla Lazio, alla corte del suo grande maestro Sven Goran Eriksson, porterà in bacheca un altro scudetto, una Coppa delle Coppe e l’ennesima Coppa Italia; con sei successi da giocatore e quattro da allenatore il Mancio è il primatista della competizione, tanto che in molto hanno ribattezzato il trofeo “Coppa Mancini”.
Una carriera brillante quindi, che tuttavia non ha avuto una consacrazione internazionale adeguata al valore del giocatore. La “colpa” risiede in un solo nome: Roberto Baggio, che per anni in Nazionale ha oscurato la stella del Mancio, diventando il simbolo del calcio italiano nel mondo. Sottovalutato quindi, più per meriti altrui che per demeriti propri.
Dopo una stagione da vice di Eriksson, ha la prima chance alla Fiorentina. L’avventura da tecnico comincia subito col piede giusto: Mancini conclude il lavoro di Terim e si porta a casa il primo titolo da allenatore vincendo la Coppa Italia.
Due ottime stagioni alla Lazio gli garantiranno l’opportunità di allenare una grande: l’Inter.
I primi due anni sono difficili. Delusioni ed umiliazioni in serie, con Milan e Juventus che dominavano la scena. Poi arriva la svolta. Calciopoli, che spazza via i bianconeri dall’elite del calcio tricolore e penalizza fortemente il Milan che aprirà da quel momento il primo periodo di austerità dell’era Berlusconi.
La serie A si trasforma in un’imitazione del campionato norvegese, con l’Inter nei panni del Rosenborg (13 titoli consecutivi dal ’92 al ’04, ndr). Novantesette punti, + 22 sulla Roma seconda, + 35 sulla Lazio terza. Surreale.
Nella stagione successiva l’Inter rischia incredibilmente di perdere uno scudetto già vinto a Febbraio. L’assenza di Ibrahimovic per due mesi consente alla Roma di recuperare e di superare l’Inter a 30 minuti dalla fine dell’ultima giornata. Ma Ibra, ancora acciaccato, entra e vince da solo la partita di Parma che vale il secondo scudetto consecutivo sul campo.
I nerazzurri dominano in Italia ma continuano a collezionare magre figure in europa (eliminati dal Valencia nel ’07 e dal Liverpool nel ’08), Mancini a fine stagione viene quindi esonerato e dopo un anno e mezzo passato a godersi il suo stipendio milionario da “disoccupato” viene chiamato dal Manchester City.
I citizens sono quarti. L’obiettivo è conservare la posizione. Mancini fallisce, perdendo lo scontro diretto in casa, contro il Tottenham, ma viene “premiato” con un mercato da 150 milioni di euro.
Il City è in prima linea per vincere il suo primo titolo dopo 43 anni. Ma la stagione, dopo un buon inizio, “va a sud” e gli obiettivi, magicamente, cambiano. Il quarto posto diventa un risultato di prestigio, la vittoria in semifinale di FA Cup contro il Manchester United in inferiorità numerica un’impresa.
Il tutto condito dall’eliminazione agli ottavi di Europa League e da tutta una serie di scelte tecnico tattiche molto discutibili: Yaya Tourè trequartista, Tevez centravanti, Dzeko in panchina.
Ma nonostante questo Mancini continua a restare sulla cresta dell’onda. E’ il nome più sponsorizzato per la panchina della Juventus e uno dei tecnici italiani più considerati.
Inevitabile la conclusione: calciatore sottovalutato, allenatore sopravvalutato.
Fabio Piscopo