Quando fece il suo esordio in Champions League il 15 settembre contro l’Auxerre, subentrando ad Ambrosini, si vide subito che aveva una marcia in più. E non ci sbagliavamo. A distanza di 7 mesi, Kevin-Prince Boateng è la variabile impazzita spacca-difese del Milan di Allegri. Mediano, esterno, trequartista, il Boa non ha preferenze. E se per caso dovesse segnare, alla sua esultanza viene giù San Siro.
Ci si stupisce, però, se si vede la sua carriera. Nato infatti da madre tedesca e padre ghanese, a differenza del fratello Jerome (Manchester City), dal maggio 2010 il 24enne centrocampista rossonero ha scelto di giocare con la nazionale ghanese. Ha preso anche parte ai Mondiali in Sudafrica come titolare in tutte le partite, dove ha anche siglato il suo primo gol con la nazionale africana. A differenza della sua carriera in nazionale, però, nei club Boateng non ha mai trovato molto spazio. Fino al 23 agosto, data del suo passaggio ufficiale al Milan in prestito con diritto di riscatto al Genoa.
Arrivato come seconda scelta nel nuovo Milan del “Conte Max”, Boateng ha saputo guadagnarsi il posto molto velocemente. Un po’ perchè i vari Pirlo, Ambrosini e Flamini per buona parte della stagione non si sono visti, un po’ perchè uno così non puoi farlo star fuori. L’inserimento è la sua arma forte, tant’è che è anche l’uomo del pressing dell’attacco rossonero. Gran duttilità, non ha preferenze come partner: possono cambiare e scambiarsi Ibra, Cassano, Pato o Robinho, ma Boateng c’è sempre. Un fisico bestiale e una potenza mostruosa fanno di lui l’uomo-immagine della rinascita milanista.
Non ci stupisce più il vederlo contemporaneamente sia là davanti a fare a sportellate con la difesa avversaria, sia dietro a recuperare palloni. Perché uno così non si ferma mai: sacrificio e grinta, accompagnati anche da piedi buoni, sono le sue parole d’ordine. Perché il vero Prince di Milano ce l’abbiamo solo noi.