“Vincere non è importante, è la sola cosa che conta” (Giampiero Boniperti)
Il Dio Risultato genera mostri. Una stagione storta, qualche risultato negativo, prestazioni deludenti aprono il campo ai delinquenti di turno che utilizzano il mondo del pallone come pretesto per sfogare la loro inadeguatezza sociale.
L’ultimo episodio risale a martedì sera, allorchè l’auto del centrocampista della Roma Jeremy Menèz, è stata colpita da un sasso.
Il giorno prima, a Bogliasco, Alberto Cavasin veniva aggredito verbalmente e minacciato da uno sparuto gruppo di energumeni frustrati dall’inesorabile discesa agli inferi della Sampdoria.
Sempre a Genova, sponda blucerchiata, sabato scorso, il pullman della squadra, di ritorno dalla trasferta di Milano, è stato distrutto e i calciatori accerchiati.
In passato anche altri giocatori sono state vittime di questa violenza mascherata da contestazione: Zebina, Mutu, l’intera squadra del Torino, che fu assalita in un locale lo scorso Gennaio.
Il punto più basso è stato senz’altro raggiunto qualche mese fa: a Priverno, in provincia di Latina, un quarantenne ha tentato di aggredire un bambino di otto anni al termine di una partita della categoria pulcini.
“Il calcio è la cosa più importante delle cose meno importanti” diceva Arrigo Sacchi. Molto spesso si dimentica la seconda parte della frase.
Fabio Piscopo