E’ difficile interpretare quanto è successo ieri pomeriggio a Foggia nell’incontro di Prima Divisione, tra i padroni di casa ed il Gela: il 2-2 finale è stato qualcosa di più di una partita giocata ad alta intensità. Le squadre di Zeman si sono sempre fatte valere in campo per la constante ricerca del gol (sia fatto che subito) attraverso il bel gioco. Il Foggia lanciato in zona playoff non può perdere punti preziosi per il ritorno in cadetteria. Tutto succede all’85, quando sul 2-1 per i siciliani la squadra di Ammirata mette il pallone in fallo laterale per far soccorrere l’infortunato Salamon ma i satanelli non restituiscono la rimessa e rimettono subito palla in campo. Il Gela con mezza difesa spiazzata ed incredula a quanto stava accadendo, non riesce a fermare uno scatenato Sau, che sfruttando la situazione penetra in area e senza pensarci su due volte, mette la palla in rete per il pareggio foggiano. Il gesto non viene gradito dagli ospiti i quali scatenano la loro collera aggressiva sull’ attaccante foggiano, reo di non aver rispettato il cavalleresco codice sportivo. In pochi secondi si scatena un ressa generale, volano calci e pugni tra le due compagini, tutti contro tutti che neppure l’intervento della polizia riesce a sedare. La gara riprende dopo quasi 8 minuti di sospensione, ma in un clima non certo disteso; l’arbitro Bindoni di Venezia decide così di fischiare la fine senza concedere recupero.
Zeman ha così commentato l’accaduto: “E’ stata una brutta cosa per il calcio e per tutti noi. Comprendo i ragazzi, esasperati dal Gela che perdeva tempo: di solito si restituisce la palla, anche se è diventato un vizio. Il Gela ci ha chiesto di restituire il gol, ma era una caccia all’uomo”.
La partita di Foggia sembra essere quella di un manipolo di dilettanti bramosi di vendetta, che danneggia l’immagine del calcio meridionale, categorizzandolo come marcio e feroce. La violenza è da condannare senza appellarsi ad alcun indulgenza. Siamo lontani dal fair play britannico, restituzione di gol e rispetto nei confronti delle decisioni arbitrali. Entrambe le squadre sono senza peccato. I media sportivi italiani tendono a puntare il dito, giustamente, sulla violenza scatenata dal gesto scorretto del gol di furbizia. Ma a molti è sfuggito come la tendenza ad addormentare la partita con fasulle perdite di tempo, snerva e porta all’aggravarsi a tali conseguenze. Anche questo è un capo d’imputazione che bisogna annoverare nei gesti sleali che inclinano il sano proseguimento di una partita. Senza tralasciare un aspetto importante, secondo il regolamento è il giudice di gara l’unico preposto a valutare l’entità e gli estremi per un iterruzione del gioco e non i giocatori in campo.
Alessandro D’Auria